Riposo dalla fuga in Egitto

Riferimento: S44014
Autore Federico BAROCCI
Anno: 1573 ca.
Misure: 280 x 350 mm
Non Disponibile

Riferimento: S44014
Autore Federico BAROCCI
Anno: 1573 ca.
Misure: 280 x 350 mm
Non Disponibile

Descrizione

Chiaroscuro a due legni, circa 1573-75, firmato in basso a sinistra F. B. V. I.

Da un dipinto dello stesso Federico Barocci, noto in due versioni.

Bellissima prova, impressa ad inchiostro ocra e nero su carta vergata coeva con filigrana “giglio nel cerchio”, rifilata alla linea marginale su tre lati, all’interno della stessa di circa 2,5 centimetri al lato sinistro, che è stato oggetto di restauro e completato con disegno, per il resto in ottimo stato di conservazione.

Rarissimo chiaroscuro recentemente ascritto alla mano del Barocci da Luca Baroni, che nel catalogo Federico Barocci. La stampa dell’Annunciazione scrive:

“Le prime due incisioni - Affermatosi con le prime, fortunate commissioni pubbliche come la Madonna di san Simone (circa 1567-1568) per la chiesa di San Francesco a Urbino e la Deposizione perugina (1568-1569), Barocci divenne all'inizio degli anni Settanta una figura di riferimento per la nobiltà locale e centro italiana. L'esempio della fortunata collaborazione tra Tiziano e Cornelis Cort gli suggeriva l'incisione come il mezzo più adatto per consolidare la propria fama; l'impresa tipografica di Commandino, ormai pienamente avviata, gliene forniva i mezzi. È quindi tra il 1573 e il 1575, con l’arrivo a Urbino del primo torchio, che possono essere collocate due grandi e rare incisioni su legno, fino a questo momento riferite a un anonimo ma che tutta una serie di elementi, che riprenderemo dopo averle analizzate in maggiore dettaglio, permette di attribuire allo stesso Federico. Le due xilografie appartengono evidentemente alla stessa mano e allo stesso momento creativo (non è improbabile, anzi, vista l'omogeneità di soggetto, dimensioni e tecnica, che siano state eseguite come pendants). Gli intagli riproducono, con minime varianti, due dipinti eseguiti da Barocci qualche tempo prima, il Riposo durante la fuga in Egitto, commis- sionato nei primissimi anni Settanta dal conte Brancaleoni di Piobbico (noto in due versioni, una a Piobbico e una presso la Pinacoteca Vaticana) e la Madonna con Bambino e san Giovanni Evangelista (Urbino, Galleria Nazionale delle Marche) […] Per il Riposo e la Sacra Famiglia ricorse audacemente a una tecnica raffinatissima ma ormai desueta, la xilografia a chiaroscuro o camaïeu. […] Quando Barocci eseguì le sue due prove essa doveva apparire come un meglio d’altri tempi, qualcosa di estremamente sofisticato e ricercato. Un omaggio indiretto, forse, ai grandi modelli dell’artista come Raffaello e Tiziano o, piuttosto, un coraggioso quanto inesperto tentativo di trasferire i valori tonali della pittura sulla carta.

Tecnicamente le xilografie urbinati si contraddistinguono per l'utilizzo di due legni, uno per le linee della composizione in nero e l'altro per il colore e le lumeggiature. Queste ultime, incise a viva forza sul fondino, sono estremamente libere, simulando l’aspetto di uno schizzo a penna, e raggiungono momenti di particolare efficacia nella descrizione dei paesaggi in lontananza, con una sintesi lineare che ricorda, per certi versi, le decorazioni naturalistiche delle celebri maioliche roveresche. Entrambe sono firmate con una sigla in basso ("F.B.V.I.") che può essere sciolta sia come "Federicus Barocius Vrbinas Incidebat" che come "Federicus Barocius Vrbinas Invenit", ossia "Federico Barocci da Urbino incise/inventò questa composizione". Non abbiamo la certezza, pertanto, che l’intaglio sia stato eseguito in prima persona da Barocci, ma il disegno generale e il controllo dei colpi di luce, così audaci e raffinati, sono certamente suoi. Va sottolineato, infine, il carattere sperimentale delle due xilografie, delle quali sopravvivono pochissimi esemplari e tutti leggermente diversi tra loro. La xilografia, per sua natura, può essere tirata in migliaia di copie; è plausibile, quindi, che le nostre vennero eseguite più come esperimento che per una vera e propria pubblicazione. Sia la Madonna che il Riposo sono note in diverse sfumature tonali (dal marrone, al verde, all'arancione); la presenza di vistose lacune in alcuni degli esemplari superstiti, pure risalenti a una tiratura antica, indica che probabilmente le matrici erano state intagliate su legni non adatti o che si erano usurate in brevissimo tempo. Ciò spiegherebbe anche per quale motivo la stampa delle due opere fu precocemente interrotta, rendendole assai rare e spingendo la critica a classificarle - nonostante la loro indubbia qualità - come l'opera di un anonimo. Esistono, al contrario, diverse prove a sostegno dell’autografia baroccesca dei due legni. Prima, la corrispondenza stilistica e tecnica. con le quindici xilografie eseguite per il Commandino che, se pure non furono intagliate direttamente dall’artista, certamente si basarono sul suo disegno; seconda, le circostanze storiche che resero disponibili a Urbino il torchio e i materiali per la stampa pochi mesi dopo l'esecuzione del dipinto con il Riposo durante la fuga in Egitto; terza, l'opportunità, per un artista come Federico, di diffondere a stampa due invenzioni di sicuro successo; quarta, la raffinatezza di certi passaggi cromatici ed espressivi che rivela, dietro le inevitabili semplificazioni di traduzione dell'immagine dipinta, l'occhio attento del suo autore. Ma quella che sembra essere la definitiva conferma del ruolo di Barocci nell'esecuzione dei due legni viene dall'inventario post mortem del suo studio, redatto da qualcuno a lui vicino (forse un allievo) pochi giorni dopo la sua dipartita, nell’autunno 1612. Assieme al “rame dell'Annuntiata, taglio di acquaforte di mano del Signor Barocci”, l’anonimo redattore descrive “Un’altra stampa di legno di chiar oscuro della Madonna in Egitto” (Calzini 1913, p. 83): si tratta della matrice del Riposo durante la fuga in Egitto che Barocci aveva tenuto con sé per almeno quarant'anni e che doveva quindi, così come il rame dell'Annunciazione, appartenere alla sua mano.

Che fine aveva fatto allora, ci si può chiedere, il legno della Madonna con Bambino e san Giovanni Evangelista, i cui esemplari superstiti sono, se possibile, ancora più rari di quelli del Riposo?  Si possono formulare varie ipotesi. La copia qui riprodotta, nonostante l'alta qualità dell'impressione, rivela gravi difetti nella conservazione del legno: sono saltate via, forse per la cattiva qualità dei materiali o per la pressione eccessiva esercitata dal torchio, vaste porzioni del chiaroscuro del paesaggio e dell'albero di sinistra, a testimonianza che la matrice era già esausta dopo la tiratura di pochi fogli. Tale difetto, forse imputabile alla scarsa competenza tecnica dell'incisore (ulteriore prova a favore della diretta autografia baroccesca), lascia pensare che il legno della Madonna non fosse sopravvissuto alla tiratura. In alternativa può essere che Barocci, poco soddisfatto dei propri risultati, avesse deciso di sbarazzarsene, conservando unicamente la matrice del Riposo a monito ed esortazione a fare meglio in futuro. L'episodio delle due xilografie, unito a quello delle lettere capitali eseguite per Commandino, offre nuovi spunti sugli esordi incisori di Barocci. Dedicatosi forse all'intaglio per curiosità, o per favorire un amico che stava contribuendo, con il suo lavoro, ad accrescere le glorie urbinati, a Federico non dovette occorrere molto per intuire il vantaggio che derivava dalla possibilità di eseguire (o far eseguire) sotto il proprio diretto controllo stampe di traduzione dei suoi dipinti. Oltre a lavorare in economia (non dovendo pagare né un incisore specializzato né un editore, ma solo i materiali e, forse, l'affitto del torchio), egli poteva seguire, con la meticolosità che gli era propria, ogni passo del percorso incisorio. La rarità delle tirature della Madonna e del Riposo fa supporre che anche lui, come Tiziano, fosse rimasto scontento degli esiti della xilografia, più adatta a replicare i disegni che i dipinti. Un problema che avrebbe risolto, di lì a pochi anni, prendendo in mano il bulino e dedicandosi in prima persona, come Parmigianino, ai segreti dell'acquaforte” (cfr. L. Baroni, Federico Barocci. La stampa dell’Annunciazione, pp. 46-52).

Secondo Naoko Takahatake il Barocci si limitò, invece, ad un ruolo di finanziatore per l’opera, che venne intagliata da mano anonima sulla base di un proprio disegno preparatorio: “The scene in this chiaroscuro woodcut depicts Mary, Joseph, and the Christ Child resting on their journey back from Egypt.' Federico Barocci painted three known versions of this subject, all within a few years of one another. The first, as described by Bellori, was commissioned by Giudobaldo della Rovere, the Duke of Urbino, on the occasion of his son's marriage to Lucrezia d'Este in January 1571. It was later inherited by the Aldobrandini family in Rome, where Antonio Capellan recorded its appearance in a print of 1772. The painting, subsequently sold to an English collection, was last documented in 1876. In 1573 Barocci delivered a second version of the Rest on the Return from Egypt, now in the Vatican, to his friend Simonetto Anastagi of Perugia. A third variant was painted for Count Antonio II Brancaleoni around or shortly after 1575. In each new painted version of Rest on the Return from Egypt, Barocci introduced subtle variations to his design. The present chiaroscuro woodcut does not match up with any one of these in every detail. For example, the woodcut follows the original version in its depiction of the Christ Child kneeling. In the Vatican and Brancaleoni paintings, he is seated on a pillow on the ground. Mary's hat, at lower left in the chiaroscuro, is shown with its top pointed upward, just as it is in the Brancaleoni painting; in the other two versions, the hat is turned over. Judith Mann has thus proposed that the print's source was a fourth version yet to be discovered. However, it is possible that Barocci produced a drawing, since lost, as a model for the printmaker. […] Barocci's multiple paintings of the Rest on the Return from Egypt testify to the popularity of his charming and lyrical composition, as do related prints. Cornelis Cort's 1575 engraving of the Rest on the Return from Egypt is closest to the Brancaleoni version, and diverges compo- sitionally from the chiaroscuro woodcut in some details, most notably in the pose of the Christ Child.' The blockcutter and date of the present chiaroscuro woodcut are not known. It is only possible to speculate about Barocci's motivation for having this work produced; perhaps it was the result of a chance encounter with a blockcutter in Urbino, or a purposeful attempt to explore the formal and expressive possibilities of the technique. It may also represent the artist's desire to further profit from his success with the subject. The fact that the blocks were among Barocc’s studio possessions at the time of his death in 1612 indicates that he had some part in the print financing” (cf. Takahatake, The chiaroscuro woodcut in Renaissance Italy p. 216).

Bibliografia

Bartsch, Le Peintre graveur (XII.36.11); Naoko Takahatake, The chiaroscuro woodcut in Renaissance Italy', Los Angeles 2018, cat.91; L. Baroni, Federico Barocci. La stampa dell’Annunciazione, pp. 46-52, n. 20.

Federico BAROCCI (Urbino 1535 - 1612)

Federico Barocci o Baroccio detto il Fiori (Urbino, 1535? – Urbino, 30 settembre 1612) è stato un pittore ed incisore. Il suo stile elegante lo fa ritenere un importante esponente del Manierismo italiano e dell'arte della Controriforma. È considerato uno dei precursori del Barocco. Nato a Urbino da una famiglia di origini lombarde (Ambrogio Barocci o Ambrogio da Milano, uno scultore del XV secolo, era suo antenato), Barocci è uno dei pittori più importanti nel periodo (spesso poco considerato) dell'arte durante la Controriforma, che intercorre fra Correggio e Caravaggio. La sua carriera iniziale a Roma fu veloce e brillante, ispirata da Raffaello, ammirata da un ormai anziano Michelangelo e consigliata da Taddeo Zuccari. L'adesione di Barocci alla Controriforma condizionò la sua lunga e fruttuosa carriera. Un personaggio chiave fu San Filippo Neri, i cui Oratori cercavano di ricollegare il regno dello spirito con la vita quotidiana delle persone. San Filippo commissionò a Barocci una pala d'altare con la Visitazione per la sua Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella); si dice che la contemplazione del dipinto lo portò all'estasi. Nel quadro Elisabetta e la Vergine si salutano come se fossero nel contesto della vita quotidiana di Roma. Barocci fuggì da Roma sostenendo di essere stato avvelenato per gelosia, rimanendo poi menomato per tutta la vita da una condizione di salute delicata. Ritornò alla sua natia Urbino nel 1565 in una sorta di volontario ritiro, interrotto solo dai contatti con i numerosi committenti sparsi per tutt'Italia. Entrò sotto la protezione di Francesco Maria II della Rovere, duca di Urbino. Il Palazzo Ducale si vede nello sfondo dei suoi dipinti, resi in una prospettiva forzata che sembra un'anticipazione della futura pittura Barocca. Barocci era anche un ritrattista sensibile e immortalò il duca in una tela oggi agli Uffizi. Anche se lontano da Roma, dove poteva scambiare esperienze artistiche e trovare fama, a Urbino, ormai in decadenza e prossima a essere annessa allo Stato Pontificio, ma animata, grazie agli studi scientifici, da una notevole vivacità culturale, Barocci riuscì a ottenere importanti commissioni per le sue pale d'altare, avvicinandosi alle correnti più innovative dei Francescani e dei Cappuccini. La composizione avvolgente di Barocci e la messa a fuoco sull'impressionabile e sullo spirituale sono elementi che precorrono il barocco di Rubens. Ma anche nella proto-barocca "Beata Michelina" di Federico si possono vedere i preparativi di un alto capolavoro barocco: la Transverberazione di santa Teresa d'Avila di Bernini. L'espressione estatica, il drappeggio animato, l'unità della figura con la sorgente luminosa divina, le mani che ricevono: Barocci sembra introdurre il dramma palpabile del barocco più di qualunque altro artista del suo tempo. Suo fratello Simone era orologiaio e realizzava strumenti matematici. Realizzò quattro stampe, tutte tratte da suoi soggetti, molto probabilmente realizzate tra il 1581 e il 1584.

Federico BAROCCI (Urbino 1535 - 1612)

Federico Barocci o Baroccio detto il Fiori (Urbino, 1535? – Urbino, 30 settembre 1612) è stato un pittore ed incisore. Il suo stile elegante lo fa ritenere un importante esponente del Manierismo italiano e dell'arte della Controriforma. È considerato uno dei precursori del Barocco. Nato a Urbino da una famiglia di origini lombarde (Ambrogio Barocci o Ambrogio da Milano, uno scultore del XV secolo, era suo antenato), Barocci è uno dei pittori più importanti nel periodo (spesso poco considerato) dell'arte durante la Controriforma, che intercorre fra Correggio e Caravaggio. La sua carriera iniziale a Roma fu veloce e brillante, ispirata da Raffaello, ammirata da un ormai anziano Michelangelo e consigliata da Taddeo Zuccari. L'adesione di Barocci alla Controriforma condizionò la sua lunga e fruttuosa carriera. Un personaggio chiave fu San Filippo Neri, i cui Oratori cercavano di ricollegare il regno dello spirito con la vita quotidiana delle persone. San Filippo commissionò a Barocci una pala d'altare con la Visitazione per la sua Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella); si dice che la contemplazione del dipinto lo portò all'estasi. Nel quadro Elisabetta e la Vergine si salutano come se fossero nel contesto della vita quotidiana di Roma. Barocci fuggì da Roma sostenendo di essere stato avvelenato per gelosia, rimanendo poi menomato per tutta la vita da una condizione di salute delicata. Ritornò alla sua natia Urbino nel 1565 in una sorta di volontario ritiro, interrotto solo dai contatti con i numerosi committenti sparsi per tutt'Italia. Entrò sotto la protezione di Francesco Maria II della Rovere, duca di Urbino. Il Palazzo Ducale si vede nello sfondo dei suoi dipinti, resi in una prospettiva forzata che sembra un'anticipazione della futura pittura Barocca. Barocci era anche un ritrattista sensibile e immortalò il duca in una tela oggi agli Uffizi. Anche se lontano da Roma, dove poteva scambiare esperienze artistiche e trovare fama, a Urbino, ormai in decadenza e prossima a essere annessa allo Stato Pontificio, ma animata, grazie agli studi scientifici, da una notevole vivacità culturale, Barocci riuscì a ottenere importanti commissioni per le sue pale d'altare, avvicinandosi alle correnti più innovative dei Francescani e dei Cappuccini. La composizione avvolgente di Barocci e la messa a fuoco sull'impressionabile e sullo spirituale sono elementi che precorrono il barocco di Rubens. Ma anche nella proto-barocca "Beata Michelina" di Federico si possono vedere i preparativi di un alto capolavoro barocco: la Transverberazione di santa Teresa d'Avila di Bernini. L'espressione estatica, il drappeggio animato, l'unità della figura con la sorgente luminosa divina, le mani che ricevono: Barocci sembra introdurre il dramma palpabile del barocco più di qualunque altro artista del suo tempo. Suo fratello Simone era orologiaio e realizzava strumenti matematici. Realizzò quattro stampe, tutte tratte da suoi soggetti, molto probabilmente realizzate tra il 1581 e il 1584.