La Grande Ruota

Riferimento: S30768
Autore Giovan Battista PIRANESI
Anno: 1750 ca.
Misure: 411 x 561 mm
Non Disponibile

Riferimento: S30768
Autore Giovan Battista PIRANESI
Anno: 1750 ca.
Misure: 411 x 561 mm
Non Disponibile

Descrizione

Acquaforte, bulino, tinta allo zolfo e bruniture, 1750, firmata in lastra in basso a sinistra.

Della serie le Carceri, tavola IX della seconda edizione. Esemplare nel quinto o sesto stato di otto, dalla seconda tiratura della seconda edizione, con l’aggiunta dei numeri romani sulle lastre e prima degli ulteriori ritocchi nelle ombre, secondo il Robison databile tra il 1760 ed il 1770.

Magnifica prova, ricca di toni, impressa ad inchiostro nero su carta vergata coeva, con filigrana “doppio cerchio e giglio con lettere CB” (Robison 35, tipica di questa tiratura e databile al 1760/65), con ampi margini, tracce di piega centrale orizzontale, per il resto in eccellente stato di conservazione.

Senza dubbio la serie più nota e celebrata fra le opere del Piranesi. La serie è databile intorno al 1745, e comprendeva quattordici tavole, includendo il frontespizio che portava il titolo di Invenzioni Capric di Carceri all’acquaforte datte in luce da Giovanni Buzard in Roma, mercante al Corso. Una seconda stesura delle stesse, subito successiva, recava il titolo con il nome dell’editore giustamente corretto in Bouchard. È fuori di dubbio che l’idea, assolutamente innovativa, per la realizzazione di questa opera nasce da un collegamento molto stretto con la serie denominata Prima Parte di Architetture non solo per la vicinanza di tempo che intercorre tra i due lavori, ma proprio per il preciso intendimento ideologico che l’artista aveva in quel periodo in fatto di architettura.

La serie venne ripubblicata dopo ben quindici anni, nel 1761, ampiamente riveduta e corretta. Il Piranesi non era nuovo a ripensamenti e variazioni sulle proprie opere, ma molto interessante è analizzare il motivo che lo indusse a riproporre, cambiandolo nella forma, questo importante lavoro. Le esperienze archeologiche condotte nello studio che porterà alle Antichità Romane (1756), le polemiche con architetti e le loro teorie del periodo, la consapevolezza di aver affinato ancora la propria tecnica stilistica, e il variato concetto architettonico lo indussero a mettere mano alle Carceri. È con questa nuova ed arricchita sapienza incisoria che l’artista va a ripescare le vecchie lastre, e dopo la rielaborazione, le ripresenta nel pieno della figura polemica e della lotta ideologica in fatto di architettura che in quegli anni conduceva. La riproposizione della serie rappresenta per il Piranesi un aspetto ben preciso, ovvero ripresentare, rinforzandolo, il messaggio polemico e di polemica architettonica già affrontato quindi anni prima. Lo scardinamento degli spazi e della prospettiva, della logica e di tutti i principi comuni affermati nei trattati, rottura totale con le leggi tradizionali e gli insegnamenti accademici dell’architettura. Due sono le tavole aggiunte nella seconda edizione, che quindi comprende il frontespizio e quindici lastre. Notevoli le differenze stilistiche tra il corpus dell’opera e le due nuove lastre, dove notevoli sono la complessità di struttura e di composizione architettonica, che dimostrano il cambiamento avvenuto in seguito allo studio archeologico dei grandi monumenti romani.

Di diverso aspetto l’effetto emotivo che suscita la visione delle singole opere che compongono la serie, che con il loro aspetto malinconico costituiscono un elemento di perenne richiamo, di inesausta vitalità, e di estrema modernità. I ponti sospesi, le reti, i ballatoi, le scale e quanto altro presente nelle Carceri sono stati esame di numerosi studi, che una copiosa letteratura ha colto sin dal romanticismo, dando loro una grande popolarità, esaltandone le molteplici reazioni emozionali che le stesse conferivano.

Bellissimo esemplare, dalla contemporanea seconda edizione, stampato sulla tipica carta spessa usata da Piranesi.

Bibliografia

Andrew Robison, Piranesi: Early Architectural Fantasies: A Catalogue Raisonne of the Etchings, n. 35, V-VI/VIII, Arthur M. Hind, Giovanni Battista Piranesi, A critical study (1922), n. 9; H. Focillon, Giovanni Battista Piranesi (1918), n. 32.  

Giovan Battista PIRANESI (Mogliano Veneto 1720 - Roma 1778)

Acquafortista, incisore, progettista, architetto e teorico italiano, considerato uno dei supremi esponenti dell’incisione topografica, sebbene il maggiore interesse egli lo mostrasse per l’architettura. Anche se solo pochi disegni architettonici sono stati realizzati, egli ebbe comunque una grande influenza, nel Neo-Classicismo europeo, attraverso contatti personali con architetti, mecenati e artisti in visita a Roma nel corso di quattro decadi. La sua prolifica produzione di lastre di acqueforti, che combinava una straordinaria immaginazione con una conoscenza delle tecniche dell’antica Roma estremamente pragmatica, diede avvio ad una nuova e duratura percezione dell’antichità. Era anche disegnatore di strutture e palchi per le feste, decoratore di interni e di mobili, così come restauratore. L’interazione di questa straordinaria combinazione di attività lo portò ad un concetto alto del disegno, sostenuto da saggi scritti. L’eredità che lasciò, relativamente alla sua visione unica della civiltà romana, fu una interpretazione immaginativa e una ri-creazione del passato che ispirarono scrittori e poeti così come artisti ed altri disegnatori.

Giovan Battista PIRANESI (Mogliano Veneto 1720 - Roma 1778)

Acquafortista, incisore, progettista, architetto e teorico italiano, considerato uno dei supremi esponenti dell’incisione topografica, sebbene il maggiore interesse egli lo mostrasse per l’architettura. Anche se solo pochi disegni architettonici sono stati realizzati, egli ebbe comunque una grande influenza, nel Neo-Classicismo europeo, attraverso contatti personali con architetti, mecenati e artisti in visita a Roma nel corso di quattro decadi. La sua prolifica produzione di lastre di acqueforti, che combinava una straordinaria immaginazione con una conoscenza delle tecniche dell’antica Roma estremamente pragmatica, diede avvio ad una nuova e duratura percezione dell’antichità. Era anche disegnatore di strutture e palchi per le feste, decoratore di interni e di mobili, così come restauratore. L’interazione di questa straordinaria combinazione di attività lo portò ad un concetto alto del disegno, sostenuto da saggi scritti. L’eredità che lasciò, relativamente alla sua visione unica della civiltà romana, fu una interpretazione immaginativa e una ri-creazione del passato che ispirarono scrittori e poeti così come artisti ed altri disegnatori.