Il Gioco del Rocchetto o Gioco del Diabolo

Riferimento: S46045
Autore Massimo Campigli
Anno: 1952
Misure: 445 x 353 mm
2.250,00 €

Riferimento: S46045
Autore Massimo Campigli
Anno: 1952
Misure: 445 x 353 mm
2.250,00 €

Descrizione

Litografia a colori, stampata in bruno e ocra, in 125 esemplari firmati, datati e numerati su carta Fabriano. Esemplare numero 84/125 firmato a matita in basso a destra Campigli 52.

Perfetto stato di conservazione.

L’opera, stampata a Venezia da Cavallino, viene pubblicata a Parigi nel 1952 nella cartella CAMPIGLI LA RUCHE.

Massimo Campigli (Berlino 4 luglio 1895 come ''Max Ihlenfeld'' – St. Tropez, 1971) iniziò a dipingere dopo il suo arrivo a Parigi nel 1919. Al Café du Dôme frequenta artisti come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini e Filippo De Pisis. Le sue prime opere figurative applicano alla figura umana disegni geometrici che riflettono l'influenza di Pablo Picasso e Fernand Léger e il purismo de ''L'Esprit Nouveau''. In una mostra personale alla Biennale di Venezia del 1948 espone le sue nuove composizioni: figure femminili inserite in complicate strutture architettoniche. Negli anni Sessanta le sue figure si riducono a segni colorati in un gruppo di tele quasi astratte.

Bibliografia

F. Meloni, L. Tavola, Campigli Catalogo ragionato dell’opera grafica (litografie e incisioni) 1930-1969, p. 107, n. 131; R. Carrieri, Massimo Campigli, n. 5.

Massimo Campigli (Berlino 1895 - St. Tropez 1971)

Massimo Campigli (4 luglio 1895 come ''Max Ihlenfeld'' - 1971) è stato un pittore e giornalista italiano. Nato a Berlino, ha trascorso gran parte della sua infanzia a Firenze. La sua famiglia si trasferisce a Milano nel 1909, e qui lavora alla rivista ''Letteratura'', frequentando gli ambienti d'avanguardia e facendo la conoscenza di Boccioni e Carrà. Nel 1914 la rivista futurista "Lacerba" pubblica il suo Giornale + Strada - Parole in libertà. Durante la Prima guerra mondiale Campigli fu catturato e deportato in Ungheria dove rimase prigioniero di guerra dal 1916 al 18. Alla fine della guerra si trasferì a Parigi dove lavorò come corrispondente estero per il quotidiano milanese "Corriere della Sera". Sebbene avesse già realizzato alcuni disegni durante la guerra, fu solo dopo il suo arrivo a Parigi che iniziò a dipingere. Al Café du Dôme frequenta artisti come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini e Filippo De Pisis. Le lunghe visite al Louvre approfondiscono l'interesse di Campigli per l'arte dell'antico Egitto, che diventa una fonte duratura della sua pittura. Le sue prime opere figurative applicano alla figura umana disegni geometrici che riflettono l'influenza di Pablo Picasso e Fernand Léger e il purismo de ''L'Esprit Nouveau''. Nel 1923 organizza la sua prima mostra personale alla Galleria Bragaglia di Roma. Nei cinque anni successivi le sue figure sviluppano una qualità monumentale, spesso con pose stilizzate e le membra intrecciate in una solidità scultorea. L'importanza data all'ordine e alla tradizione, l'atmosfera di serenità e di eternità sono in linea con la ricostruzione del dopoguerra e con il programma degli artisti del "Novecento" con i quali Campigli espone frequentemente sia a Milano dal 1926 al 29, sia all'estero dal 1927 al 31. Dal 1926 entra a far parte dei ''Paris Italians'' insieme a Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Renato Paresce, Savinio, Severini e Mario Tozzi. Nel 1928, anno del suo debutto alla Biennale di Venezia, fu molto colpito dalla collezione etrusca in occasione della visita al Museo Nazionale Etrusco di Roma. Si distacca quindi dal rigore compatto delle sue opere precedenti a favore di un piano dai toni sommessi e dalle forme schematiche ricche di arcaismi. Durante un viaggio in Romania con la prima moglie Magdalena Rădulescu, inizia un nuovo ciclo di opere che ritraggono donne impiegate nei lavori domestici e nel lavoro agricolo. Queste figure sono disposte in composizioni asimmetriche e ieratiche, che si librano su un piano ruvido, ispirato agli antichi affreschi. Queste opere furono accolte con entusiasmo dalla critica in occasione della mostra tenutasi alla galleria Jeanne Bucher di Parigi nel 1929 e alla Galleria Milione di Milano nel 1931. Durante gli anni Trenta tiene una serie di mostre personali a New York, Parigi e Milano che gli valgono un riconoscimento internazionale. Nel 1933 Campigli torna a Milano dove lavora a progetti di vaste dimensioni. Nello stesso anno firma il Manifesto dell'Arte Murale di Mario Sironi e dipinge un affresco di madri, contadine, lavoratrici, per la V Triennale di Milano, purtroppo poi distrutta. Nei dieci anni successivi furono commissionate altre opere: "I costruttori" per la Società delle Nazioni di Ginevra nel 1937; "Non uccidere" per la Corte di Giustizia di Milano nel 1938, un enorme affresco di 300 metri quadrati per l'atrio d'ingresso, progettato da Gio Ponti, del Liviano di Padova che dipinse nel 1939-40. Dopo il divorzio nel 1939, Campigli si risposa con la scultrice Giuditta Scalini. Insieme hanno trascorso gli anni della guerra a Milano e a Venezia, poi dopo la guerra si sono divisi tra Roma, Parigi e Saint-Tropez. Nel 1943 nasce a Venezia il figlio Nicola. In una mostra personale alla Biennale di Venezia del 1948 espone le sue nuove composizioni: figure femminili inserite in complicate strutture architettoniche. Negli anni Sessanta le sue figure si riducono a segni colorati in un gruppo di tele quasi astratte. Nel 1967 viene dedicata a Campigli una retrospettiva a Palazzo Reale a Milano. Muore nel 1971 a Saint-Tropez.

Massimo Campigli (Berlino 1895 - St. Tropez 1971)

Massimo Campigli (4 luglio 1895 come ''Max Ihlenfeld'' - 1971) è stato un pittore e giornalista italiano. Nato a Berlino, ha trascorso gran parte della sua infanzia a Firenze. La sua famiglia si trasferisce a Milano nel 1909, e qui lavora alla rivista ''Letteratura'', frequentando gli ambienti d'avanguardia e facendo la conoscenza di Boccioni e Carrà. Nel 1914 la rivista futurista "Lacerba" pubblica il suo Giornale + Strada - Parole in libertà. Durante la Prima guerra mondiale Campigli fu catturato e deportato in Ungheria dove rimase prigioniero di guerra dal 1916 al 18. Alla fine della guerra si trasferì a Parigi dove lavorò come corrispondente estero per il quotidiano milanese "Corriere della Sera". Sebbene avesse già realizzato alcuni disegni durante la guerra, fu solo dopo il suo arrivo a Parigi che iniziò a dipingere. Al Café du Dôme frequenta artisti come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Gino Severini e Filippo De Pisis. Le lunghe visite al Louvre approfondiscono l'interesse di Campigli per l'arte dell'antico Egitto, che diventa una fonte duratura della sua pittura. Le sue prime opere figurative applicano alla figura umana disegni geometrici che riflettono l'influenza di Pablo Picasso e Fernand Léger e il purismo de ''L'Esprit Nouveau''. Nel 1923 organizza la sua prima mostra personale alla Galleria Bragaglia di Roma. Nei cinque anni successivi le sue figure sviluppano una qualità monumentale, spesso con pose stilizzate e le membra intrecciate in una solidità scultorea. L'importanza data all'ordine e alla tradizione, l'atmosfera di serenità e di eternità sono in linea con la ricostruzione del dopoguerra e con il programma degli artisti del "Novecento" con i quali Campigli espone frequentemente sia a Milano dal 1926 al 29, sia all'estero dal 1927 al 31. Dal 1926 entra a far parte dei ''Paris Italians'' insieme a Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Renato Paresce, Savinio, Severini e Mario Tozzi. Nel 1928, anno del suo debutto alla Biennale di Venezia, fu molto colpito dalla collezione etrusca in occasione della visita al Museo Nazionale Etrusco di Roma. Si distacca quindi dal rigore compatto delle sue opere precedenti a favore di un piano dai toni sommessi e dalle forme schematiche ricche di arcaismi. Durante un viaggio in Romania con la prima moglie Magdalena Rădulescu, inizia un nuovo ciclo di opere che ritraggono donne impiegate nei lavori domestici e nel lavoro agricolo. Queste figure sono disposte in composizioni asimmetriche e ieratiche, che si librano su un piano ruvido, ispirato agli antichi affreschi. Queste opere furono accolte con entusiasmo dalla critica in occasione della mostra tenutasi alla galleria Jeanne Bucher di Parigi nel 1929 e alla Galleria Milione di Milano nel 1931. Durante gli anni Trenta tiene una serie di mostre personali a New York, Parigi e Milano che gli valgono un riconoscimento internazionale. Nel 1933 Campigli torna a Milano dove lavora a progetti di vaste dimensioni. Nello stesso anno firma il Manifesto dell'Arte Murale di Mario Sironi e dipinge un affresco di madri, contadine, lavoratrici, per la V Triennale di Milano, purtroppo poi distrutta. Nei dieci anni successivi furono commissionate altre opere: "I costruttori" per la Società delle Nazioni di Ginevra nel 1937; "Non uccidere" per la Corte di Giustizia di Milano nel 1938, un enorme affresco di 300 metri quadrati per l'atrio d'ingresso, progettato da Gio Ponti, del Liviano di Padova che dipinse nel 1939-40. Dopo il divorzio nel 1939, Campigli si risposa con la scultrice Giuditta Scalini. Insieme hanno trascorso gli anni della guerra a Milano e a Venezia, poi dopo la guerra si sono divisi tra Roma, Parigi e Saint-Tropez. Nel 1943 nasce a Venezia il figlio Nicola. In una mostra personale alla Biennale di Venezia del 1948 espone le sue nuove composizioni: figure femminili inserite in complicate strutture architettoniche. Negli anni Sessanta le sue figure si riducono a segni colorati in un gruppo di tele quasi astratte. Nel 1967 viene dedicata a Campigli una retrospettiva a Palazzo Reale a Milano. Muore nel 1971 a Saint-Tropez.