Allegoria della Morte che porta un bambino
Riferimento: | S41922 |
Autore | Stefano Della BELLA |
Anno: | 1648 ca. |
Misure: | 145 x 179 mm |
Riferimento: | S41922 |
Autore | Stefano Della BELLA |
Anno: | 1648 ca. |
Misure: | 145 x 179 mm |
Descrizione
Acquaforte, 1648 circa. Esemplare nel secondo di tre, avanti l’indirizzo di Vincent
Bellissimo esemplare, ricco di toni, impresso su carta vergata coeva, in ottimo stato di conservazione
Della serie “Le cinque Morti – Les Cinq Morts”, che l’autore completa in Francia.
Fu probabilmente durante i suoi ultimi anni in Francia che Della Bella iniziò una versione aggiornata della Danza della Morte. Questo soggetto tipicamente nordico e medievale di solito mostrava la Morte in una varietà di situazioni, portando via vittime di ogni età ed estrazione sociale. Mentre era in Francia Della Bella incise quattro scene ovali della conquista della Morte, compresa questa stampa (La Morte che porta un bambino), tre delle quali si svolgono nei cimiteri e la quarta sul campo di battaglia. Una versione orizzontale della Morte che trionfa in guerra risale probabilmente a questi anni. Alla fine della sua vita, Della Bella riprese il tema, creando altri tre episodi nel formato ovale, due dei quali rimasero incompleti alla sua morte.
Soprattutto nelle prime stampe, la Morte è tanto energica quanto spietata: qui la Morte porta sulle spalle una donna con la testa rivolta verso il basso, seguita a distanza da un'altra Morte che tiene in braccio un cadavere. L'ambientazione è il Cimitero degli Innocenti a Parigi, un luogo che della Bella conosceva senza dubbio, dato che molti editori e commercianti di stampe avevano i loro negozi al piano terra degli ossari.
Stefano della Bella fu uno degli incisori più interessanti e originali nella Firenze del XVII secolo e può considerarsi l’unico geniale continuatore dell’opera di Jacques Callot. La sua educazione artistica ebbe inizio a Firenze nella bottega degli orafi Gasparo Mola e Orazio Vanni, e la precisione del segno, tipica dell’arte orafa resterà caratteristica del suo stile. Studiò poi presso Giovanni Battista Vanni e forse anche presso il Cantagallina e Cesare Dandini, ma ben presto si dedicò all'incisione. Il suo vero maestro può considerarsi Jacques Callot, l’incisore francese che soggiornò a lungo a Firenze lasciando una forte impronta nel panorama artistico della città.
Gli anni più importanti della sua carriera sono quelli che trascorre a Parigi, dal 1639 al 1650, stipendiato da Lorenzo de' Medici: lavorò insieme ad Israel Silvestre, con gli editori Langlois, Ciartres e Pierre Mariette, per stampatori francesi e per commissioni di gran prestigio, come quelle del 1641 per il cardinale Richelieu che gli affidò le illustrazioni delle sue imprese guerresche.
Intorno al 1647, durante un viaggio in Olanda, dove eseguì le acqueforti con le vedute del porto di Amsterdam, incontrò Rembrandt e da quella data notiamo una eco profonda dell’arte dell’olandese nella grafica del Della Bella.
Bibliografia
De Vesme – Massar, n. 89, II/III.
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Stefano Della BELLA (Firenze 1610 - 1664)
Stefano della Bella fu uno degli incisori più interessanti e originali nella Firenze del XVII secolo e può considerarsi l’unico geniale continuatore dell’opera di Jacques Callot. La sua educazione artistica ebbe inizio a Firenze nella bottega degli orafi Gasparo Mola e Orazio Vanni, e la precisione del segno, tipica dell’arte orafa resterà caratteristica del suo stile. Studiò poi presso Giovanni Battista Vanni e forse anche presso il Cantagallina e Cesare Dandini, ma ben presto si dedicò all'incisione. Il suo vero maestro può considerarsi Jacques Callot, l’incisore francese che soggiornò a lungo a Firenze lasciando una forte impronta nel panorama artistico della città.
Lorenzo dé Medici prese a proteggere il piccolo Stefano, e dal 1633 al 1636 lo invitò a Roma, dove l’artista studiò realizzando numerose copie dall’antico e da opere di Polidoro, e dove incise la sua prima opera importante: l’Entrata a Roma dell’ambasciatore di Polonia Giorgio Ossolinsky nel 1633. Del 1634 sono altre celebri incisioni edite invece a Firenze, come le otto Vedute di mare che verranno poco dopo copiate dal francese F. Collignon, o gli Apparati per le esequie di Francesco de' Medici, a cui faranno seguito altre illustrazioni di apparati e feste fiorentine. Gli anni più importanti della sua carriera sono quelli che trascorre a Parigi, dal 1639 al 1650, stipendiato da Lorenzo de' Medici: lavorò insieme ad Israel Silvestre, con gli editori Langlois, Ciartres e Pierre Mariette, per stampatori francesi e per commissioni di gran prestigio, come quelle del 1641 per il cardinale Richelieu che gli affidò le illustrazioni delle sue imprese guerresche. Accanto a incisioni "ufficiali", abbondano le serie per gli amatori: vedute e capricci, paesaggi e battaglie, frontespizi e studi didattici, scene sacre, piani topografici, ritratti, animali, e fantasiose invenzioni ornamentali che saranno importantissime per lo sviluppo del gusto rococò.
Intorno al 1647, durante un viaggio in Olanda, dove eseguì le acqueforti con le vedute del porto di Amsterdam, incontrò Rembrandt e da quella data notiamo una eco profonda dell’arte dell’olandese nella grafica del Della Bella. Rientrò in patria nel 1650, favorevolmente riaccolto dai Medici che non mancheranno di dargli commissioni, intrecciate tuttavia con una intensa attività personale, anche per i suoi editori francesi. Dopo una lunga malattia morì a Firenze nel 1664, senza lasciare una vera e propria scuola, ma una produzione esemplare di cui molti profitteranno, in Italia e fuori, fino al secolo XVIII e oltre.
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Bibliografia
De Vesme – Massar, n. 89, II/III.
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Stefano Della BELLA (Firenze 1610 - 1664)
Stefano della Bella fu uno degli incisori più interessanti e originali nella Firenze del XVII secolo e può considerarsi l’unico geniale continuatore dell’opera di Jacques Callot. La sua educazione artistica ebbe inizio a Firenze nella bottega degli orafi Gasparo Mola e Orazio Vanni, e la precisione del segno, tipica dell’arte orafa resterà caratteristica del suo stile. Studiò poi presso Giovanni Battista Vanni e forse anche presso il Cantagallina e Cesare Dandini, ma ben presto si dedicò all'incisione. Il suo vero maestro può considerarsi Jacques Callot, l’incisore francese che soggiornò a lungo a Firenze lasciando una forte impronta nel panorama artistico della città.
Lorenzo dé Medici prese a proteggere il piccolo Stefano, e dal 1633 al 1636 lo invitò a Roma, dove l’artista studiò realizzando numerose copie dall’antico e da opere di Polidoro, e dove incise la sua prima opera importante: l’Entrata a Roma dell’ambasciatore di Polonia Giorgio Ossolinsky nel 1633. Del 1634 sono altre celebri incisioni edite invece a Firenze, come le otto Vedute di mare che verranno poco dopo copiate dal francese F. Collignon, o gli Apparati per le esequie di Francesco de' Medici, a cui faranno seguito altre illustrazioni di apparati e feste fiorentine. Gli anni più importanti della sua carriera sono quelli che trascorre a Parigi, dal 1639 al 1650, stipendiato da Lorenzo de' Medici: lavorò insieme ad Israel Silvestre, con gli editori Langlois, Ciartres e Pierre Mariette, per stampatori francesi e per commissioni di gran prestigio, come quelle del 1641 per il cardinale Richelieu che gli affidò le illustrazioni delle sue imprese guerresche. Accanto a incisioni "ufficiali", abbondano le serie per gli amatori: vedute e capricci, paesaggi e battaglie, frontespizi e studi didattici, scene sacre, piani topografici, ritratti, animali, e fantasiose invenzioni ornamentali che saranno importantissime per lo sviluppo del gusto rococò.
Intorno al 1647, durante un viaggio in Olanda, dove eseguì le acqueforti con le vedute del porto di Amsterdam, incontrò Rembrandt e da quella data notiamo una eco profonda dell’arte dell’olandese nella grafica del Della Bella. Rientrò in patria nel 1650, favorevolmente riaccolto dai Medici che non mancheranno di dargli commissioni, intrecciate tuttavia con una intensa attività personale, anche per i suoi editori francesi. Dopo una lunga malattia morì a Firenze nel 1664, senza lasciare una vera e propria scuola, ma una produzione esemplare di cui molti profitteranno, in Italia e fuori, fino al secolo XVIII e oltre.
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